Analisi dell’Ordinanza della Corte di Cassazione N. 14685/2017 del 13.6.2017

 

Nel presente contributo audio-video, a cui si rinvia per l’approfondimento di tutti i temi trattati, l’Avv. Francesco Roli analizza l’Ordinanza in commento, con la quale la Suprema Corte stabilisce un fondamentale principio di diritto in materia di trattamento dei dati personali da parte degli intermediari finanziari, in particolare con riferimento all’avviso preventivo di cui all’art. 4, comma 7, del provvedimento del Garante Privacy n. 8 del 16.11.2004.

Il suddetto provvedimento, rubricato “Codice di deontologia e di buona condotta per i sistemi informativi gestiti da soggetti privati in tema di crediti al consumo, affidabilità e puntualità nei pagamenti”, ha stabilito una serie di regole di condotta cui sono tenuti, fra gli altri, gli intermediari finanziari e le banche, relativamente al trattamento dei dati personali contenuti in un sistema di informazioni creditizie.

Nello specifico, il comma 7 dell’art. 4 dispone che al verificarsi di ritardi nei pagamenti, l’intermediario finanziario, che intende effettuare la registrazione dei dati dell’interessato in un sistema di informazioni creditizie, è tenuto ad avvertirlo circa l’imminente registrazione.

 

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La Cassazione nella ordinanza in commento ha stabilito che siffatta comunicazione, affinché possa ritenersi adempiuto il mentovato obbligo di preavviso, deve giungere al destinatario. La Suprema Corte, argomentando dai principi di efficacia e conoscenza delle dichiarazioni dirette a “determinata persona” di cui agli artt. 1334 e 1335 c.c., stabilisce che l’efficacia della dichiarazione di avviso si produce quando la stessa giunge a conoscenza del destinatario interessato, con la presunzione relativa che la conoscenza si abbia nel momento in cui la dichiarazione raggiunge l’indirizzo del destinatario, elaborando il seguente principio di diritto: “l’onere di preventivo avvertimento, di cui alla norma dell’art. 4, comma 7 della Delib. Garante Privacy 16 novembre 2004, n. 8, risulta assolto solo quando la relativa dichiarazione abbia effettivamente raggiunto il domicilio del destinatario, salva comunque restando l’eventualità che quest’ultimo provi di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia.

Orbene, in un’ottica di razionale lettura sistematica della normativa in materia, l’Avv. Roli conclude per l’applicabilità del prefato principio di diritto all’obbligo informativo cui sono tenuti gli intermediari finanziari ex art. 1.5, Sez. 2, Cap. II, Circolare Banca d’Italia n. 139/1991, 14° aggiornamento, laddove è stabilito, in materia di “segnalazione a sofferenza” presso la Centrale dei Rischi, che “Gli intermediari devono informare per iscritto il cliente e gli eventuali coobbligati (garanti, soci illimitatamente responsabili) la prima volta che lo segnalano a sofferenza.

La ratio della norma ad esame della Suprema Corte è la medesima dell’articolo di cui alla Circolare di Banca d’Italia: la segnalazione del c.d. “cattivo pagatore” deve essere preceduta da idonea comunicazione, affinché il soggetto interessato possa provvedere al pagamento ed evitare la stessa, o contestarla in quanto illegittima.

La segnalazione deve essere preceduta da un periodo di valutazione per il debitore e pertanto la preventiva comunicazione deve effettivamente giungere alla conoscenza di questi.

 

 

Al termine della sua trattazione l’Avv. Roli ha risposto alle seguenti domande:

  • Se uno dei garanti vuole uscire dalla garanzia perché ha intenzione di acquistare una nuova casa (dopo il matrimonio) e il garantito (e quindi anche il garante) è iscritto al Crif perché ha alcune rate del suo mutuo arretrate, se si trova un garante subentrante l’uscente viene cancellato dal Crif?

  • Se un contratto di finanziamento per cui l’Intermediario Bancario dichiara la decadenza dal beneficio del termine allorchè il consumatore (in ritardo con il pagamento di alcune rate) si accorge successivamente alla predetta D.B.T. che a causa della mancata inclusione nel TAEG di oneri assicurativi indicati come facoltativi ma in realtà obbligatori (in spregio alle stesse istruzioni della Banca d’Italia: nel caso di specie ci sono tutti gli indici di obbligatorietà rilevati in plurime decisioni dell’ABF: es. contestualità,  polizza CPI, beneficiario in caso morte l’Intermediario stesso ecc.) di guisa che applicando il tasso sostitutivo BOT ex art. 117  TUB il consumatore era in realtà in bonis, ebbene la successiva iscrizione al C.R.I.F. è tout court illegittima? In caso di risposta affermativa, conviene adire l’ABF o radicare un procedimento ex art. 700 cpc? Inoltre: a seguito di contestazione stragiudiziale la Finanziaria “de quo”  ha ceduto il “credito a sofferenza” ad un Istituto bancario (facendo un’ultima segnalazione pochi giorni prima di cederlo)  che nel mese di gennaio 2016 ha richiesto il pagamento integrale con minaccia di ulteriori iscrizioni al C.R.I.F. , ma prontamente riscontrata tramite PEC con diffida di un esposto alla Procura per  estorsione) ad oggi oltre a non avere mai fatto una telefonata tramite recupero crediti non ha fatto alcuna segnalazione (quest’ultimo aspetto. può essere utilizzato a supporto dell’illegittimità sia della DBT che dell’iscrizione al CRIF?)

 

 

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