Ordinanza Cassazione Civile 27442 del 30/10/2018

Avv. Francesco Roli

06 Novembre 2018

PRIMO COMMENTO A CASSAZIONE CIVILE ORD. 27442/2018 DEL 30/10/2018

(cassa Corte App. Milano 6/6/2016 n. 2232 che a sua volta aveva confermato Tribunale Milano 23/12/2014 n. 15315)

 

Sintesi delle questioni di diritto

A) Dopo un anno di sentenze delle Sezioni Unite quasi totalmente favorevoli (fatta eccezione dell’ordinanza del 4/10/2017 n. 23192 che si è pronunciata in ordine agli interessi moratori la cui usurarietà determina l’azzeramento anche degli interessi corrispettivi) al ceto bancario (24675/2017 in ordine all’usura sopravvenuta; 898, 1200, 1201 e 1653/2018; in ordine alla non obbligatorietà della forma scritta nei contratti quadro d’investimento e 16303/2018 in ordine alla esclusione dal calcolo del TEG delle CMS) la Terza Sezione della Suprema Corte di Cassazione ha emesso una ordinanza che in un colpo solo ha fatto giustizia della “interpretazione e creazione normativa fantomatica” alimentata soprattutto dal MEF e dalla Banca d’Italia e purtroppo da molti giudici di merito in ordine:

a) alla illegittima esclusione degli interessi moratori dalla normativa antiusura sia civile (1815, 1224, 1282 c.c.) che penale (art. 644 c.p. così come novellato dalla legge 108/96); secondo la Corte trattasi di interpretazione illegittima difettando nel diritto positivo norme espresse e ragioni giuridiche che possano giustificare un diverso trattamento dei due tipi di interesse ai fini del contrasto all’usura e che anzi tale conclusione è imposta da “una millenaria evoluzione storica dalla quale non può prescindere l’interprete che volesse degli istituti giuridici non già ritenere il vuoto nome ma intenderne la vim ac potestatem”;

b) al falso ed artificioso problema della diversa funzione degli interessi corrispettivi e degli interessi moratori mentre in realtà essi hanno la medesima funzione di remunerazione del capitale e di soggezione di entrambi i tipi di interesse al calmieramento della normativa antiusura;

c) all’artificiosità e del falso problema ed alla presunta “irrazionalità intrinseca” tra la normativa antiusura e la legge 231/02 in ordine al saggio legale di mora nelle transazioni commerciali;

d) al falso problema della omogeneità o parallelismo tra TEGM e TEG in ordine alla mancata rilevazione del tasso di mora ciò in quanto la legge sull’usura ha previsto i tassi-soglia esclusivamente in ordine alle categorie di operazioni e NON già alle categorie dei tassi di interesse;

e) pur non facendone esplicita menzione, all’abuso perpetrato fino ad ora e tuttora in corso da parte del MEF e della Banca d’Italia attraverso l’invenzione della cosiddetta mora-soglia (definita dalla Cassazione “fantomatico tasso”) con conseguente “distruzione” della giurisprudenza di merito in ordine all’uso distorto ed illegittimo della maggiorazione del 2,1% del TEGM applicato a partire dal secondo trimestre del 2003 (art. 3 co. 4 del DM 25/3/2003) fino al 31/12/2017, nonché delle ulteriori percentuali dell’1,9%, 4,1%, 3,1% (art. 3 co. 5 del DM 21/12/2017 e successivi DM fino ad ora pubblicati);

f) all’adozione di tali percentuali rappresentanti o costitutive della cosiddetta mora-soglia che trasforma surrettiziamente ed abusivamente i tassi di interesse moratori in una categoria di operazioni non coperta da alcuna disposizione di legge.

B) Si auspica che a seguito di detta sentenza la magistratura di merito si adegui a quanto statuito dalla sentenza in commento ma soprattutto che il MEF cessi immediatamente di reiterare nei propri decreti trimestrali ministeriali il comma 5 dell’art. 3 ove con una subdola tecnica (priva di qualsiasi legittimazione in quanto mai delegata dal legislatore né al MEF né alla Banca d’Italia) si intende far credere sia che siffatta disposizione costituisca il riempimento sotto il profilo regolamentare ad opera dell’autorità amministrativa di una norma penale in bianco sia il concetto di “omogeneità” tra TEGM rilevato trimestralmente e TEG da calcolarsi ai fini della verifica del superamento della soglia d’usura.

C) A giudizio dello scrivente v’è un’unica affermazione della Corte che suscita perplessità e che riguarda l’ultimo sillogismo contenuto a pag. 28 dell’ordinanza edita nel sito “Cassazione Web” che ritiene inapplicabile agli interessi moratori usurari la disciplina del 1815 II comma c.c. così come novellato dalla legge 108/96.

Secondo l’ordinanza in commento al danneggiato non debbono essere azzerati gli interessi come invece sarebbe prescritto per gli interessi corrispettivi ma sarebbero applicabili gli interessi al tasso legale a causa della nullità della clausola.

L’argomentazione molto succinta non convince posto che il testo dell’art. 1815 II co. c.c. così come novellato dalla legge 108/96 ed interpretato dalla norma di interpretazione autentica n. 24/2001 a nostro giudizio non lascia alcun margine di una diversa interpretazione se non quella che si desume dal testo letterale della norma (se sono convenuti interessi usurari la clausola è nulla e non sono dovuti interessi) così come modificata dalla specifica disposizione contenuta nella legge 108/96 (art. 4 co. 1: “1. Il secondo comma dell’articolo 1815 dei codice civile è sostituito dal seguente: Se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”) e soprattutto dalla norma di interpretazione autentica (art. 1 co. 1: “1. Ai fini dell’applicazione dell’articolo 644 del codice penale e dell’articolo 1815, secondo comma, del codice civile, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento.”) e dalla relazione che accompagna quest’ultima legge (“4. L’articolato fornisce al comma 1 l’interpretazione autentica dell’articolo 644 del codice penale e dell’articolo 1815, comma secondo, del codice civile. Viene chiarito che, quando in un contratto di prestito sia convenuto il tasso di interesse (sia esso corrispettivo, compensativo o moratorio), il momento al quale rifarsi per verificarne l’eventuale usurarietà sotto il profilo sia penale che civile, è quello della conclusione del contratto, a nulla rilevando il pagamento degli interessi”).

Al proposito si ricorda che il testo dell’art. 1815 II co. c.c. ante riforma così testualmente recitava: “se sono convenuti interessi usurari la clausola è nulla e gli interessi sono dovuti solo nella misura legale”.

Il ritenere applicabile il vecchio testo dell’art. 1815 II co. c.c. o comunque una non meglio precisata norma generale appare contraddittoria con i sillogismi precedenti mediante i quali la stessa ha brillantemente illustrato la tesi principale sostenuta e cioè che gli interessi moratori sono soggetti alla normativa dell’usura per giurisprudenza costante del Supremo Collegio anche prima della riforma della legge 108/96.

D) L’ordinanza della Suprema Corte viene sostanzialmente a riaffermare quattro principi:

a) che il tasso di mora deve essere soggetto alla legge antiusura previsto dalle norme civili e penali del nostro ordinamento giuridico che è scevro da qualsiasi irrazionalità intrinseca secondo la costante interpretazione sia della Corte Costituzionale che della Corte di Cassazione risalente fino agli anni ’70 quando ancora era in vigore la precedente normativa sull’usura penale e secondo una corretta ricostruzione storico-giuridica degli interessi corrispettivi e moratori, avendo tali interessi la medesima funzione di remunerazione del capitale;

b) che pertanto è nullo il patto col quale si convengano interessi moratori superiori, alla data della stipula, al tasso soglia relativo al tipo di operazione a cui accede il patto degli interessi moratori convenzionali;

c) che secondo una corretta interpretazione dell’art. 1815 c.c., agli interessi moratori usurari non si applica tale articolo nonostante l’identica funzione sostanziale degli interessi corrispettivi e moratori ma si applicano le norme generali per cui sono dovuti gli interessi al tasso legale;

d) che è illegittima l’istituzione della categoria mora-soglia quale “fantomatico tasso” che trasforma l’interesse di mora in una categoria di operazioni non previste per legge con conseguente illegittimità della correzione del TEGM con le percentuali del 2,1%, dell’1,9%, 4,1% e 3,1% con conseguente illegittimità dell’art. 3 co. 4 di tutti i DM a partire dal secondo trimestre 2003 fino al 31/12/2017 e dell’art. 3 co. 5 di tutti i DM a partire dal primo trimestre 2018.

 

Questioni di fatto

 

Il testo integrale del commento dell’Avv. Francesco Roli verrà pubblicato nel numero di Dicembre 2018 della Rivista Giuridica “Le Controversie Bancarie”. Abbonati subito per non perdere il resto dell’articolo dell’Avv. Roli. Clicca qui per scoprire tutto sulla nostra rivista giuridica.

 

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